Progettare il marchio di una società di calcio è una sfida impegnativa per ogni designer: ci si espone al giudizio di un pubblico attento, che vive ogni singolo aspetto della squadra del cuore in modo integralista. Sono richieste capacità professionali, approfonditi studi preliminari e una conoscenza minuziosa della storia societaria e della città di riferimento del club per potersi misurare con un incarico del genere.
Ci sono marchi che per forza iconica, versatilità e stile grafico resistono al tempo e ai cambi di generazione del pubblico: fino a diventare specifiche case history di iconografia e stile.
Inauguro questa rubrica con il Torino per la particolare evoluzione che ha interessato l’immagine della mia squadra del cuore, soffermandomi su alcuni lavori di restyling del marchio del club granata particolarmente riusciti per i risultati connotativi ed emozionali raggiunti.
Chi segue il calcio sa bene che la storia del Toro è costellata da successi epici, tragedie, colpi di scena e vicissitudini da romanzo, torti del destino, purgatori infiniti, vittorie sudate fino allo sfinimento, irrequietezza romantica e, soprattutto, da un patrimonio affettivo, identitario e valoriale che s’identifica con un forte senso di appartenenza alla città di cui il club porta orgogliosamente il nome dal 3 dicembre 1906, giorno di fondazione del Football Club Torino nei locali della birreria Voigt, l'attuale Bar Norman di Via Pietro Micca.
Per quanto riguarda la scelta del colore granata esistono due versioni: alcuni sostengono si tratti di un omaggio al duca degli Abruzzi, all’epoca presidente onorario, come rimando cromatico al foulard color sangue che identificava la Brigata Savoia; una seconda ipotesi attribuisce l’adozione della tinta granata al desiderio dello svizzero Alfred Dick (tra i padri fondatori) di riprendere i colori del Servette, squadra elvetica di cui era simpatizzante.
Il primo stemma della società è composto dal simbolo araldico comunale su uno scudo di colore blu sormontato dalla corona, tutti gli elementi visivi sono racchiusi in un ovale granata con il monogramma FCT (Football Club Torino).
Decorazione architettonica dello Stadio Filadelfia di Torino con stemma e monogramma del Football Club Torino. / Tessera di riconoscimento rilasciata dal FCT. (© Associazione Memoria Storica Granata). / Insegna rollata dei primi del Novecento. / Esemplare unico di gagliardetto per l'incontro del 30 ottobre 1932. (© Tibor Demes, collezione privata). / Partita Alessandria vs Torino. / In basso il cosiddetto Trio delle meraviglie (Baloncieri, Libonatti, Rossetti) punto di forza del Torino degli anni Venti. (© Museo Grigio - U.S. Alessandria).
Nella stagione 1936/37 la squadra cambia denominazione: da Torino Football Club diventa Associazione Calcio Torino e modifica la composizione del monogramma all’interno dello stemma societario. All’epoca si indossano divise austere, che si distinguono prevalentemente per i colori sociali, per i contrasti cromatici tra maglia, calzoncini e calzettoni; ma non tutte le società applicano ancora il proprio stemma sulle maglie.
Il Torino, nel periodo che va da 1942 al 1949, gli anni del Grande Torino di Valentino Mazzola pluricampione d’Italia, adotta la maglia granata con calzoncini bianchi e calzettoni neri, alternando nelle stagioni l’uso del colletto bianco con lo scudetto tricolore cucito sul petto. Per seguire l’evoluzione del marchio del Toro è necessario ricorrere ai documenti storici e ai gagliardetti, pezzi unici realizzati artigianalmente da maestre ricamatrici su commissione dei club e scambiati dai capitani delle squadre prima di ogni incontro.
Siamo nella prima metà del Novecento e non esiste ancora il concetto di immagine coordinata intesa come progettazione della brand identity, tuttavia il club granata riproduce il proprio marchio ovale sulle foto ufficiali dei giocatori e sui documenti dei tesserati.
Il marchio composto dallo stemma ovale con toro e monogramma Associazione Calcio Torino. Foto d’epoca con Valentino Mazzola in un’azione di gioco. (© Piero Bersia, collezione privata). / Le maglie del Grande Torino (versione con il colletto bianco) corredate dallo scudetto tricolore appuntato sul petto. Nel riquadro, particolare della toppa impreziosita dal bordo giallo oro. (© Museo del Grande Torino e della Leggenda Granata). / Gagliardetto originale del Grande Torino. (© Piero Bersia, collezione privata). / Albo de Il Calcio Illustrato dedicato al Grande Torino e una copia originale della Tessera personale d’invito del Campionato di serie A 1947/48 rilasciata dall’Associazione Calcio Torino a Ezio Loich (© Piero Bersia, collezione privata).
Questo continuum identitario conosce solo due interruzioni:
- Nella stagione 1943/44, in pieno conflitto mondiale la squadra si trova “vincolata” a indossare la maglia granata con il logo della FIAT ricamato sul petto per evitare la chiamata alle armi dei propri tesserati (un escamotage, oggi impensabile, che ha spinto più società ad “assicurare” i giocatori alle industrie della nazione attraverso una sponsorizzazione/salvacondotto per evitare l’arruolamento degli atleti). Tuttavia, per commemorare la prima storica doppia vittoria del campionato e della Coppa Italia, il presidente granata Ferruccio Novo fa giocare il Toro anche con una seconda maglia che presenta l’abbinamento dello stemma sabaudo e del fascio littorio affiancati dallo scudetto tricolore.
- Nel 1958, in seguito alla prima retrocessione della storia del club, il Toro si lega all’azienda alimentare Venchi, disputando il campionato cadetto con la “T” del cioccolato torinese Talmone al posto dello stemma societario.
Foto con dedica del Torino di Valentino Mazzola (© Piero Bersia, collezione privata). / Ferruccio Novo con Mazzola e Giuseppe Grezar durante la presentazione della divisa del Toro Campione d’Italia e vincitore della Coppa Nazionale (Foto Wikipedia). / Due distintivi dell’Associazione Calcio Torino incorniciati dagli scudetti e dallo stemma della Real Casa (© Museo Aldo e Dino Ballarin). / Maglia con i fregi relativi alle vittorie del 1942/43 in mostra al Museo del Grande Torino e della Leggenda Granata. / Il Presidente Novo con il portiere di riserva Alfredo Bodoira, detto "Pinza" per le dimensioni e la robustezza delle sue mani. / Ferruccio Novo mentre controlla l’applicazione degli stemmi sulle divise della squadra (© Piero Bersia, collezione privata).
Il Grande Torino con la divisa ufficiale: maglia granata, calzocini bianchi e calzettoni neri. (© Torino FC). / Valentino Mazzola mentre scambia il gagliardetto con il capitano del Benfica Francisco Ferreira, prima dell’inizio dell’ultima partita (© Istituto Luce). / Mazzola sfoggia la maglia con il tricolore e, a destra, Gabetto, Loik e Grezar. (Foto © Piero Bersia, collezione privata).
Enzo Bearzot con la maglia del 1958 Torino Talmone / Maglie di Bearzot e Lido Vieri (©Wikipedia). Stemma ovale Torino Talmone. Pallone d'epoca all'ingresso dello Stadio Filadelfia pre-restauro (©Piero Bersia, collezione privata).
Questo percorso “primordiale” di identità grafica comune a tutte le squadre italiane è fortemente correlato alla cultura dei blasoni, degli emblemi e dell’araldica. Per vedere un vero e proprio marchio figurato sulle maglie da gioco occorre aspettare la seconda metà degli anni Settanta, quando i club calcistici iniziano a stipulare contratti di fornitura con aziende specializzate nell’abbigliamento tecnico-sportivo.
Nella stagione di serie A 1974/75 il Torino si lega allo sponsor inglese Umbro e si presenta in campo con una divisa su cui spicca la silhouette di un toro bianco su fondo granata per le maglie a maniche corte, mentre si adotta un toro granata inserito in un cerchio bianco sulle divise invernali.
Identica soluzione viene adottata nel campionato 1975/76, l’anno memorabile del settimo scudetto conquistato con Gigi Radice.
Nel campionato successivo il toro “furioso” (e non rampante, che si dice del leone*), viene prima applicato sulla manica destra e successivamente compare all’interno dello scudetto dei campioni d’Italia. Si tratta di un marchio dallo stile minimalista che accompagnerà il Torino fino al 1979.
Renato Zaccarelli con la maglia estiva del Torino 1975/76 con la silhouette del toro in bianco (© Sandro Bertolino, collezione privata). / Paolo Pulici con la maglia invernale che presenta il ricamo del toro in versione granata su cerchio bianco. / L’allenatore del settimo scudetto, Gigi Radice, discute con Claudio Sala (© Archivio fotografico Guerin Sportivo). / Giro di campo il giorno dello scudetto nel Comunale di Torino (© Archivio La Stampa). / Ciccio Graziani e Paolo Pulici (© Archivio fotografico Guerin Sportivo). / Paolo Pulici abbraccia Sandro Mazzola alla fine di Torino vs Inter del 1975. / Paolo Pulici e a destra il particolare del ricamo della silhouette del Toro (© Wikipedia).
Nei primi anni Ottanta, quando la FGCI permette la comparsa di un solo sponsor sulle divise dei club, il Toro (che dal 1977 ha cambiato denominazione in Torino Calcio) si lega all’azienda vitivinicola Barbero, partnership che durerà fino al 1983.
Le maglie non sono più di cotone ma di tessuto sintetico e, grazie alle nuove possibilità di personalizzazione dell’abbigliamento, si inizia lentamente a parlare di marketing sportivo affidando a professionisti la progettazione grafica e la realizzazione delle prime guideline per il corretto uso del marchio.
Il design arriva nel mondo del calcio e così nel campionato 1980/81 si registra il primo restyling del logo sulle divise ufficiali della società granata.
Lo sponsor tecnico fino alla stagione 1981/82 è la torinese Superga (il legame commerciale tra il Torino Calcio e la Tixo dura solo per le due stagioni successive) e la silhouette del toro “furioso” della città lascia il posto ad un marchio mascotte stilizzato con un segno grafico caricaturale e quasi “picassiano” che in lontananza dimostra una certa “leggibilità” e riconoscibilità visiva ma pecca probabilmente di rigidità delle linee compositive di alcune parti anatomiche del toro.
Il periodo della rinascita granata del presidente Orfeo Pianelli si conclude nel 1982, lasciando una traccia indelebile nella storia post-Superga: il settimo scudetto, una discreta gestione economica e soprattutto un legame viscerale tra i “giocatori-bandiera” degli anni settanta e la tifoseria (Gigi Meroni, travolto da un’auto in pieno centro a Torino il 15 ottobre 1967, Giorgio Ferrini, Paolino Pulici, Claudio Sala, Renato Zaccarelli e Ciccio Graziani).
Gagliardetto con il marchio adottato nel periodo 79-83. / Gigi Danova (© Foto Famila 76 - La Storia del Toro). / Dante Bertoneri in una serie di fotografie gentilmente concesse dall’ex calciatore del Toro in cui si vede il nuovo marchio sulle divise da gioco e sulla tuta da allenamento (© Dante Bertoneri, archivio privato). / Paolo Pulici con la maglia bianca da trasferta e, a lato, il difensore Ezio Rossi con la divisa del Toro con il collo a V prodotta dalla Tixo. (© Ezio Rossi). / La tuta di allenamento della stagione 1982/83 di Alessandro Bonesso (© OldFootballShirts).
Nella stagione 1983/84 il Toro sfoggia il nuovo marchio con la prima corporate identity. L’incarico viene affidato a Gianfranco Mantello dell’agenzia GBM Italia.
Il risultato è un marchio zoomorfo, potente, carismatico, dalla straordinaria forza evocativa che si discosta totalmente dalla precedente tradizione araldica. La silhouette del toro è progettata con linee geometriche nette secondo la tendenza grafica in voga (anche grazie a maestri indiscussi del design come Bob Noorda, Massimo Vignelli, Piero Gratton), facilmente declinabile e riproducibile sui diversi mezzi di comunicazione, intramontabile per solidità compositiva e per qualità iconica, tanto da ottenere il primo posto della classifica dei 100 marchi più belli dei club di calcio nel mondo stilata dal Guerin Sportivo nel 2013.
Il simbolo è racchiuso all’interno di una cornice dagli angoli arrotondati che contiene il logotipo Torino Calcio in Helvetica Neue. Gianfranco Mantello durante la conferenza stampa di presentazione del nuovo marchio del Torino Calcio di Sergio Rossi, descrive così il concept: «Abbiamo voluto restituire quell'immagine di grinta e aggressività per cui il Toro è sempre andato famoso. È un marchio che deve corrispondere a determinati vincoli di continuità e tradizione, rispondere a proprietà grafiche e comunicare al pubblico qualcosa».
Il marchio progettato dall’agenzia GBM Italia si basa su una struttura di progettazione rigorosa, con linee geometriche che sintetizzano il profilo anatomico della figura del toro. Fortemente iconico, memorizzabile, aderente all’identità e ai valori storici della tifoseria granata. / Leo Junior e Walter Schachner (© Torino FC). / Maglia da gara Adidas a maniche corte indossata da Beppe Dossena durante l’ottava giornata del campionato di Serie A 1985/1986, Torino-Napoli, disputatasi allo Stadio Comunale di Torino il 27 ottobre 1985. (© Aste Bolaffi). / Infografica sul kit da gara casa e trasferta prodotta dalla Adidas. / Gigi Radice con Tony Polster (© Torino FC). / Ezio Rossi e Leo Junior (© Ezio Rossi, collezione privata).
Negli anni Ottanta le squadre di calcio italiane non sono ancora società a fini di lucro, ma iniziano a percepirsi come brand, con uno stile grafico autonomo e si preoccupano di comunicare all’esterno la propria “personalità”, seguendo le strategie che in modo spedito e articolato stavano interessando il Regno Unito.
Nella stagione 1984/85 il Torino Calcio compie un ulteriore passo per quanto riguarda gli sponsor: le divise vengono disegnate e prodotte da Adidas, prima la Sweda, poi l’azienda di elettrodomestici Indesit diventano main sponsor. Il club granata usa lo stemma progettato dalla GBM dal 1983 fino al 1990 che a distanza di trentasette anni, senza timore di smentite, si è rivelato immortale: ancora oggi le più autorevoli case d’asta vendono ai collezionisti le maglie del periodo a cifre che raggiungono i 2000 euro, rievocando quegli anni Ottanta vissuti dalla tifoseria granata con grande passione e attaccamento ai colori sociali. Tanti sostenitori del Toro sognano di rivedere la propria squadra con questo marchio sul petto, seguendo le strategie adottate già dalla Lazio – che ha ripreso l’aquila stilizzata della cosiddetta “maglia bandiera” – e dall’Hellas Verona, che sostituirà l’ovale con l’alloro tricolore e le insegne sociali con i mastini e la Scala veronese dello storico marchio della “Banda Bagnoli.
Nel 1989 la dirigenza della società passa nelle mani di Gian Mauro Borsano che, dopo una sola stagione di cadetteria, riporta il Toro nella massima serie anche grazie all’esperto allenatore Eugenio Fascetti. L’anno successivo la dirigenza granata cambia sponsor tecnico (dopo quasi un decennio lascia l’Adidas per l’azienda parmense ABM Sport) e punta su Emiliano Mondonico come allenatore.
Si ritorna allo stemma delle origini del Club: l’ovale diviso a metà con il toro in giallo oro sulla parte sinistra inglobato in uno scudo blu e sormontato dalla corona, mentre sul lato destro spicca il monogramma TC (Torino Calcio) su campo bianco.
È il Toro dei fuoriclasse come Martin Vazquez, Scifo, Casagrande e Lentini e della difesa più impenetrabile dell’intera serie A (Marchegiani, Bruno, Policano, Annoni, Benedetti, Cravero).
Il marchio ovale in bicromia granata e bianco con il simbolo del toro in oro all’interno dello scudo blu sormontato dalla corona nella parte granata e dal monogramma TC (Torino Calcio) nella metà bianca. / Walter Casagrande, Mister Emiliano Mondonico e la maglia da trasferta con cui il Torino ha vinto la Coppa Italia nel 1993 (© Torino FC). / Silenzi, Cravero e Lentini con le divise prodotte dalla ABM, Lotto e Kelme (© Torino FC).
Il marchio ovale identifica i granata dal 1990 al 2005, gli anni della finale di Coppa Uefa contro l’Ajax (1992) e della Coppa Italia vinta all’Olimpico contro la Roma (1993), è lo stemma che ha conosciuto numerosi cambi di proprietà e sconfortanti campionati; purtroppo, è anche l’emblema con cui il Torino Calcio fallisce nell’estate del 2005 a causa di Cimminelli, coadiuvato da Tilly Romero, dopo una gestione societaria a dir poco disastrosa.
Guideline del Torino Calcio gentilmente concessa da Antonio Filigno.
Nel mondo del design può accadere che un marchio compaia anche per poche stagioni sulle divise ufficiali riuscendo tuttavia a sintetizzare, interpretare e presidiare il territorio mentale dei tifosi da essere utilizzato in seguito e in altri contesti (le coreografie della Curva, le copertine dei libri dedicati alla squadra, le t-shirt, le bandiere, gli striscioni, il merchandising).
È questa l’esperienza di Antonio Filigno, che si occupa del branding e dell’advertising del Torino Calcio per la stagione 2004/05, quella della promozione in serie A conquistata ai playoff contro il Perugia e del successivo fallimento societario per le inadempienze finanziarie.
L’agenzia torinese in cui Filigno lavora all’epoca è la Dolci Adv, che cura la progettazione grafica e i piani marketing per il club granata.
All’epoca Renato Zaccarelli è il direttore generale (sostituisce in panchina Ezio Rossi a poche giornate dalla conclusione del campionato), Roberto Cravero è il Direttore Sportivo, Antonio Comi e Silvano Benedetti sono i responsabili del settore giovanile e Massimo Abiuso è responsabile marketing, ma tutti i materiali di comunicazione vengono visionati e approvati da Simone Cimminelli, figlio del Presidente del Torino.
Filigno disegna un toro che, nelle intenzioni iniziali della società, sarebbe stato adottato solo sui ticket e sugli abbonamenti; è una rivisitazione moderna dello storico toro “furioso”, la proposta piace così tanto a Roberto Cravero da farlo adottare sulle divise di gioco. Sulle maglie granata non si vede un bel Toro rizzato sulle zampe posteriori e senza scudi dalle stagioni 1974/75 e 1975/76, l’anno memorabile del settimo scudetto conquistato dagli uomini di Gigi Radice.
Dal 2001 lo sponsor tecnico del club granata è la giapponese Asics che, pur respingendo la richiesta di Filigno di collocare la silhouette del toro sul lato sinistro della divisa, adotta una duplice soluzione: per le partite in casa applica il marchio sulle maniche (come nella stagione 1976/77), mentre le per le gare in trasferta lo applica sul petto, al centro e in negativo racchiuso in una fascia granata orizzontale su divisa bianca”.
Il marchio progettato da Antonio Filigno e le riproduzioni grafiche delle maglie per la stagione 2004/2005. (Immagini tratte dal Manuale dell’Identità visiva del Torino Calcio gentilmente fornita da Antonio Filigno).
Filigno cerca di dotare il club di una “grammatica visiva”, di una guideline cui fare riferimento provando a imporre anche severità nell’uso del marchio ufficiale, ma la scelleratezza dei dirigenti granata decreta la drammatica conclusione di un ciclo storico del Club, vanificando inevitabilmente il lavoro di corporate identity in pianificazione.
Nonostante il periodo non sia tra i più sereni per la squadra, il toro disegnato da Filigno finisce un po’ dappertutto: striscioni, bandiere, copricurva, t-shirt, adesivi, ultimamente anche sulla copertina del libro Il Grande Torino di Alberto Manassero (Edizioni Diarkos, 2019).
Lo stemma ovale – ereditato dalla precedente agenzia – viene “normalizzato” graficamente e sottoposto a tutte le declinazioni di corporate identity per la prima squadra, il settore giovanile, gli sponsor e per la comunicazione istituzionale. Filigno in quegli anni propone anche il passaggio al Pantone 202, tuttavia, con l’arrivo di Urbano Cairo il Toro torna al Pantone 1815 abbandonando anche alcune proposte di rebranding che non si ispirano al simbolo araldico della città e commissionando comunicazione e marketing ad un’altra agenzia.
Coreografia della Curva Maratona di Torino. / Bandieroni esposti nel Quartiere Santa Rita di Torino. / Sventolio di Bandiere davanti alla Basilica di Superga. (© Toronews). / Copertina del libro di Alberto Manassero.
Cairo acquisisce i titoli e i meriti sportivi del Torino Calcio azzerando tutti i rapporti di partnership e di collaborazione precedenti. Per la nuova brand image del Torino Football Club, l’imprenditore alessandrino incarica una delle sue agenzie e sceglie un restyling basato su valori di classicità e tradizione; si opta per un “segno araldico” della città scomponendo gli elementi grafici presenti nel precedente marchio.
Marchio e lettering ufficiale adottati durante l'era Cairo. / Particolari dell'interno della maglia ufficiale con scritta motivazionale e dello stemma. / Struttura dell'attuale marchio e maglia ufficiale prodotta dalla Joma. / Andrea Belotti, Sinisa Mihajlovic, Salvatore Sirigu e Lorenzo De Silvestri indossano maglie di diverse stagioni e diversi sponsor tecnici e cappello con il nuovo marchio. (© Toronews)
Via forma ovale e monogramma e focus visivo incentrato sulla stilizzazione grafica dell’emblema comunale inserito all’interno di uno scudo svizzero privo della corona comitale.
La dicitura societaria “Torino” è collocata in testa allo scudo su un “occhiello” orizzontale bianco evidenziato da una linea ciano e dalla sigla FC impaginata alle spalle del toro, entrambe scritte con un font bold a bastoni che stilisticamente pecca di eccesso di marcatura, a causa della traccia giallo ocra che contorna esternamente il testo determinando problemi di adattabilità nei ridimensionamenti inferiori ai 30 mm. Questo sovradosaggio di giallo ocra anche nel bordo dello scudo sembra una forzatura della storia cromatica del Club, distante dalla funzione di preziosità barocca che i contorni dorati avevano nello storico marchio ovale facendo percepire erroneamente come colori sociali il giallo-granata.
Lo stemma dell’era Cairo ha registrato alcune piccole modifiche di composizione in occasione del centenario, duplicando la parte superiore della silhouette del toro e incastonandola nel numero 100; in seguito si è inserita la data di fondazione del Club collocandola a sinistra, utilizzando uno schema forse troppo basico nello stile e nella struttura. Ad oggi il logo del Torino FC avrebbe bisogno di un’operazione di rebranding con un codice visuale e testuale più vicino al concetto di marchio e meno a quello di segno araldico, soprattutto necessiterebbe di maggiore pulizia della parte testuale, adottando magari un carattere tipografico dedicato (Torino vanta un’eccellente tradizione in questo campo) e tornando alla monocromia granata che, per ragioni di coerenza storica dell’identità, di economia, di duttilità e di versatilità del marchio ha una sua ratio.
* Note: Luisa Clotilde Gentile (Académie Internationale d’Héraldique), Il toro e Torino, in «Museo Torino», giugno 2010, pp. 56-60, n. 0.
Ringrazio Antonio Filigno per il materiale iconografico sul Torino Calcio e per le guideline gentilmente concesse; Dante Bertoneri, Gianni Bessone Bersia per l’uso delle foto del fratello Piero Bersia; Ezio Rossi, per la disponibilità ad usare le foto degli archivi personali.
Per le foto reperite da internet è stata citata la fonte.
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