Al giorno d’oggi le persone non fanno spesso clic sui banner pubblicitari, almeno non di proposito.
Molti utenti di Internet fanno di tutto per non vedere la pubblicità. Tuttavia, per quanto bistrattati e spesso criticati a causa della loro invadenza, i banner pubblicitari permettono di raccogliere denaro e finanziare molte attività online: ogni giorno aziende come Google e Facebook mostrano milioni di annunci pubblicitari, trattenendo una percentuale degli introiti e lasciando il resto ai siti che li pubblicano per mantenersi.
La storia del web ci racconta che non è sempre stato così: quando erano ancora una novità, circa venticinque anni fa, le persone condividevano persino collegamenti a banner pubblicitari o, almeno, al primo in assoluto.
Negli anni Ottanta, quando Internet era caratterizzato per lo più da email e semplici contenuti di testo, la prima realtà imprenditoriale a sperimentare questa forma di pubblicità online è stata Prodigy, l’azienda statunitense di proprietà di IBM e Sears.
Prodigy promuoveva i prodotti Sears, ma solo nel 1993 mise in vendita il primo annuncio pubblicitario cliccabile, che fu pubblicato da Global Network Navigator, uno dei primissimi siti commerciali del web.
Il primo banner pubblicitario vero e proprio, dotato di immagine e simile nelle caratteristiche a quelli che vediamo ancora oggi, è identificato per convenzione con una pubblicità di AT&T, la grande compagnia telefonica statunitense.
Fu creato dall’agenzia pubblicitaria Mci (oggi si chiama Worldcom) che progettò l’innovativo stratagemma pubblicitario.
Il primo banner faceva parte della più grande campagna “You Will”, che includeva una serie di spot televisivi che presentavano scene previste da un futuro abilitato a Internet, in molti casi in modo abbastanza accurato.
Il banner pubblicato nel 1994 sul sito HotWired.com era un rettangolo lungo 468 pixel e alto 60 pixel; si trattava di una semplice immagine grafica con un claim molto diretto, un invito a cliccarci sopra: “Hai mai cliccato con il tuo mouse proprio qui?”, con una freccia che indirizzava verso la parte destra del banner dove c’era una profetica indicazione: “Lo farai”.
Secondo le stime dell’epoca, la pubblicità di AT&T ebbe un successo enorme: il 44 per cento degli utenti che la visualizzarono ci cliccarono sopra, (una porzione notevole di utenti se confrontata con le percentuali odierne di clic sugli annunci pubblicitari – il dato varia molto, ma in media oggi si aggira intorno all’1 per cento).
Senza la pubblicità non esisterebbero tantissime realtà digitali che ormai fanno parte della nostra vita: dai motori di ricerca ai social network, così come migliaia di siti d’informazione.
Pochi mesi dopo il banner di AT&T – era già il 1995 – Yahoo annunciò un primo accordo commerciale per mostrare pubblicità sulla sua homepage: all’epoca non esistevano motori di ricerca veri e propri e Yahoo sembrava una semplice lista di siti, suddivisa per categorie e generi. Tuttavia, la progressiva diffusione dei banner ebbe un notevole impatto sulla grafica e sull’organizzazione dei contenuti nei siti: nacquero formati pubblicitari orizzontali, verticali e quadrati, coi quali i gestori dei siti dovevano fare i conti per impaginare on-line i loro contenuti. In quegli anni banner e proprietari di siti crearono, senza esserne completamente consapevoli, il modo in cui siamo abituati a vedere e a consultare oggi un sito web.
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