Non la peste, non il colera, né l’Hiv, la Sars o il Corona Virus: si ritiene che l’epidemia che ha provocato più vittime nella storia sia stata la malaria.
La “medicina” per contrastare questa parassitosi arriva in Europa alla metà del 1600 e porta il nome di Chinino, usato successivamente anche a scopo preventivo da chi si recava nei paesi in cui la malaria era endemica.
Le qualità medicamentose del chinino si scoprirono per caso: un indio peruviano guarì dalla malaria dopo aver bevuto casualmente in uno stagno nel quale erano caduti alberi di china che conferivano all’acqua un deciso sapore amarognolo.
Il chinino arrivò in Italia grazie allo speziale Frate Pietro Paolo Puccierini, che iniziò a lavorare le cortecce di china individuando il principio medicamentoso in un alcaloide in grado di uccidere il parassita della malaria e favorire lo sfebbramento.
All’inizio del secolo scorso, il farmaco era fabbricato direttamente dallo Stato, nella città di Torino, dove nel 1922 sorse il Laboratorio Chinino di Stato.
Il chinino era distribuito senza prescrizione medica, gratuitamente a tutti i lavoratori nelle zone paludose e ai poveri, mentre agli altri veniva venduto a basso costo.
Inoltre, la sua produzione era costante e programmata sia per la cura sia per la profilassi. Per sensibilizzare la popolazione al suo utilizzo, venne introdotta la pubblicità sulle confezioni delle spagnolette, le attuali sigarette.
Come tutte le cose che fanno parte della cultura di massa, anche oggi c’è chi rivendica nel chinino capacità medicamentose che potrebbero risolvere l’attuale pandemia da Covid-19, ma lasciamo agli esperti queste valutazioni farmacologiche.
Noi, dal canto nostro, ne abbiamo analizzato la grafica e il packaging.
Il Chinino di Stato si vendeva nelle tabaccherie che esponevano all’esterno l’insegna in latta, corredata dallo stemma della Casa Reale, che recava la scritta “Qui si vende il Chinino di Stato”.
Il prodotto è stato confezionato per molti anni in una scatola di cartoncino avorio, stampata ad un solo colore; la variante in verde con un lettering corsivo apparve nel secondo dopoguerra. La scatola conteneva 50 tavolette “inzuccherate” divise in 5 tubetti con etichetta.
La grafica, composta da un’elegante cornice geometrica e dalle essenziali informazioni sul contenuto, racconta visivamente i cambi sociali e politici della nostra nazione. Le scritte con stili tipografici differenti cambiano, infatti, a seconda dei periodi storici: in elzeviro maiuscolo in una delle prime versioni, successivamente un carattere Egizio uniforme grassetto, poi un bastoni razionalista, lineare e compatto di colore viola e, nel secondo dopoguerra, un lettering corsivo spaziato su fondo verde.
©Foto di Copertina del Farmamuseo Sa Potecaria – Antica Farmacia Villacidrese ; Crapanzano Militaria.
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